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L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di definire le caratteristiche di un intero settore economico, quello delle imprese commerciali.
La definizione di impresa commerciale generica comprende un
elevatissimo numero di imprese, diverse tra loro per settore e per dimensioni.
In generale per impresa commerciale si intende qualsiasi impresa che non svolga al suo interno attività di produzione, ossia che acquista e
rivende beni senza operar su di essi alcuna trasformazione.
Il comparto racchiude in sé innumerevoli tipologie di imprese, e costituisce una parte essenziale del tessuto economico italiano. Tutte quelle imprese la cui
attività non è caratterizzata da un processo di produzione o di trasformazione di beni o servizi ricadono all’interno della definizione di impresa commerciale. Le caratteristiche della domanda e dell’offerta, il processo
produttivo, gli aspetti economici e finanziari della gestione di un’azienda, assumono connotati caratteristici per ogni settore produttivo.
Tuttavia, nonostante ogni mercato e ogni settore abbia le sue specifiche
caratteristiche, esistono molti aspetti comuni a tutte le imprese che esercitano attività commerciale, quindi è possibile, senza rischiare di cadere troppo nel generico, parlare dei caratteri tipici delle imprese commerciali.
Per la complessità che caratterizza il settore, si è scelto di seguire un approccio di tipo Top-Down, dal generale al particolare, partendo proprio da considerazioni di carattere economico, per evidenziare l’importanza che
investe il settore nella dinamica degli scambi e in generale nell’economia italiana.
Si è reso necessario delineare un quadro di riferimento per l’intero settore, e ho scelto di cominciare proprio dai fondamenti del
commercio, nazionale ed internazionale, quindi dalle motivazioni economiche che sono alla base e che giustificano l’esistenza del commercio e quindi dell’impresa.
Il commercio, oggi sempre più internazionale, trova le
sue motivazioni nei vantaggi economici che derivano dalla specializzazione. In linea teorica, questi vantaggi erano già noti ai tempi di Adam Smith. Viene dimostrato da numerose teorie, a partire dai modelli classici di Smith e
Ricardo fino a modelli più elaborati, come sia vantaggioso per ogni Paese aprirsi al commercio con l’estero. Oggi questi vantaggi sono quasi unanimemente riconosciuti, e il commercio, grazie anche alla tecnologia, non conosce
più limitazioni territoriali. Accanto alla teoria, nel capitolo successivo è infatti delineata la situazione globale del mercato, e lo scenario in cui oggi operano le imprese, commerciali e non. Soprattutto per le imprese
intermediarie nella distribuzione di beni e servizi, la globalizzazione dei mercati e il commercio digitale rappresentano una grossa opportunità di sviluppo.
In nome dei vantaggi e degli svantaggi della globalizzazione
oggi si tengono dibattiti, che sfociano sempre più in scontri e lotte tra i fautori di diverse ideologie.
In ogni caso, occorre prendere atto che l’apertura delle barriere resa possibile dal progresso tecnologico e da
internet ha fatto cadere quasi del tutto i vincoli geografici del commercio, aprendo alle imprese uno sbocco verso mercati prima inaccessibili, favorendo la crescita progressiva del commercio internazionale (pur tenendo conto
dei rallentamenti e delle accelerazioni che hanno luogo in modo fisiologico durante le fasi cicliche di rallentamento ed espansione dell’economia).
È opinione di molti che internet non abbia semplicemente aperto nuovi
mercati, ma abbia addirittura creato un nuovo modo di fare mercato.
Di qualunque ipotesi si tratti, è innegabile che lo scenario si abbastanza positivo per le imprese commerciali. Il quadro economico attuale sembrerebbe
quindi essere favorevole ad uno sviluppo del commercio internazionale.
Una volta definito il quadro economico di riferimento, si può scendere di un livello, e andare ad analizzar in modo più approfondito le diverse
tipologie di imprese commerciali.
Le due categorie generali sono ovviamente la distribuzione al dettaglio a la distribuzione all’ingrosso. All’interno di queste due categorie si distinguono varie tipologie di impresa,
diverse tra loro soprattutto in base alle dimensioni.
Quindi, in base all’attività svolta troviamo
° Intermediario commerciale all’ingrosso ° Intermediario commerciale al dettaglio
° Intermediario commerciale integrato (Grande Distribuzione e Distribuzione Organizzata) ° Intermediario commerciale composito (parzialmente integrato a monte o a valle)
In base alla struttura dimensionale troviamo invece
Imprese indipendenti. Non partecipano a reti imprenditoriali. Modeste dimensioni. Imprese a catena di tipo capitalistico. Grande Distribuzione.
Imprese associate.Accordi di collaborazione tra imprese commerciali Tuttavia, va rilevato che negli ultimi tempi, con la nascita della grande distribuzione, la distinzione tradizionale tra ingrosso e dettaglio sta
venendo meno, in quanto i grandi centri della distribuzione organizzata sono caratterizzati da una maggiore integrazione, portando direttamente il prodotto dal produttore al consumatore. Soprattutto nel genere alimentare, non è
raro trovare piccoli imprenditori al dettaglio che si riforniscono di prodotti nelle grandi imprese commerciali dove si recano anche i consumatori, per poterli poi rivendere nei loro negozi.
Un’altra tendenza della
grande distribuzione è l’integrazione orizzontale. I grandi centri commerciali sono oggi in grado di offrire pressoché ogni genere di prodotto e servizio al consumatore, che in questo modo concentra gli acquisti in un unico
luogo, risparmiando tempo.
Le dimensioni permettono così di acquisire vantaggi competitivi. Tra i vantaggi non vi è soltanto una maggiore visibilità da parte del consumatore e una maggiore leva commerciale derivante
dalla percezione del risparmio di tempo. Vi sono anche vantaggi derivanti da una maggiore forza contrattuale nei rapporti con gli enti creditizi, e quindi la possibilità di ricorrere a molteplici forme di finanziamento, e
vantaggi derivanti dalla concentrazione delle varie funzioni aziendali: acquisto, magazzino, marketing, ecc.
Il livello di analisi successivo è stato quello dell’attività svolta all’interno dell’impresa, con particolare
riferimento ai distributori di grandi dimensioni.
Infatti, nelle imprese della grande distribuzione, dove le principali funzioni aziendali sono concentrate, si può distinguere un vero e proprio processo produttivo,
centralizzato sulle tendenze attuali della domanda (torna utile quindi l’analisi preliminare macroeconomia fatta nei primi capitoli). I processi di definizione dell’assortimento, di selezione dei prodotti e dei fornitori, di
approvvigionamento e merchandising, sono sempre più guidati da un’analisi delle esigenze della clientela, che oggi richiede un servizio sempre meno standardizzato e più personalizzato.
Tra i servizi richiesti dal
cliente, per l’acquisto di beni di uso durevole, c’è spesso la possibilità di pagamento rateale, ossia il credito al consumo.
Il credito al consumo è una forma di finanziamento cui spesso ricorrono aziende della grande
distribuzione, ma in linea di principio accessibile anche ad aziende di dimensioni più piccole. Come forma di finanziamento, è una modalità di copertura del fabbisogno finanziario. Questo introduce il livello successivo di
studio, orientato a scoprire quali mezzi hanno a disposizione le imprese commerciali per la copertura del fabbisogno..
Anche nelle imprese commerciali la natura del processo produttivo fa sì che i costi, quindi gli
esborsi monetari, siano sostenuti prima dei ricavi. Si genera fabbisogno di risorse finanziarie.
Il fabbisogno finanziario può essere coperto da due tipologie di fonti: capitale proprio (conferimenti dell’imprenditore o
dei soci, autofinanziamento, emissioni di azioni) e capitale di credito (aperture di credito in c/c, anticipazioni bancarie, sconti di portafoglio, mutui, obbligazioni, leasing, ecc.)
Il fabbisogno si distingue invece in
fabbisogno permanente e in fabbisogno temporaneo, ossia in impieghi a breve e a medio/lungo termine.
In generale, il fabbisogno permanente dovrebbe essere coperto con mezzi di terzi a medio/lungo termine (es.
obbligazioni o mutui), le attività fisse con capitale proprio, mentre il fabbisogno temporaneo con mezzi a breve (es. scoperti di c/c, cessioni del credito).
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